A Riccione, nei pressi del parcheggio prospiciente le Terme, c’è un fazzoletto di terra recintato dove la natura è stata lasciata come era alle origini. E’ un luogo dove lucertole e ragni si disputano semi ed insetti come mille anni fa. La curiosità dello spettatore, se dispone del tempo necessario, può spingersi fino a cogliere avventure territoriali che in quel luogo si ripetono, nel rispetto di una diversità di natura che “belle anime” hanno consentito di perpetuarsi nel tempo.
In parallelo, noi vecchi artigiani, abbiamo visto raddrizzare chiodi estratti dal legname da ardere, non solo per ragioni economiche, ma anche per rispetto verso chi con fatica e rischio estrasse dalle profondità della terra quel ferro. Inorridiamo, quando vediamo l’abbondante ricchezza gettata nei cassonetti dell’immondizia, gli sprechi d’ogni genere intorno a noi.
La semplice lezione, di quel fazzoletto di terra, fa riflettere sulla abnorme cementificazione industriale che la circonda. Stride, come la diversità di un modo di pensare la natura delle cose, del vivere comune, delle finalità concrete che questo vivere dovrebbe comportare. E’ sempre più difficile per le nostre menti accettare il “nuovo”, e le riflessioni sul dove ci condurrà tutto questo, poi la diversità del nostro essere protesta dentro, contro un sistema di dittatura irreggimentata dalla burocrazia, costruita intorno e sopra i pascoli dell’inventiva e del fare.
Quando ragazzetto, fresco d’avviamento professionale tenevo la contabilità paterna, erano sufficienti due semplici registrazioni a fine mese: G.S.2 e Inam; e la partita era chiusa. Per la tariffa c’era il rapporto col costo della vita, approvata una volta all’anno con alzata di mano. E si lavorava fino alla Domenica a mezzogiorno, la fatica era compensata moralmente dalla appartenenza alla ricostruzione di una Nazione. C’era qualcuno che cercava di “approfittarsi” ma veniva castigato moralmente nella comunità.
Oggi si assiste, sempre più emarginati da uno stato di dittatura della burocrazia, alla venuta ad un pettine morale di tanti nodi, ciononostante si continuano a proporre “carrozzoni” come l’ultimo.
Un millantato credito su un tema molto sentito dagli esseri umani: la salute. Il nuovo balzello San.Arti, sarebbe poca cosa se non fosse in aggiunta ad un cumulo sempre più gravoso di decine di prelievi, spesso inutili, ripetitivi, che servono solo all’assunzione di nuova gente da mantenere.
Quando si è notato dalla tangenziale di Bologna, l’edificazione del più grande “cutter” d’Europa, i “censori dalle tute unte” hanno cominciato a domandarsi con che destinazione avrebbero riempito tutti quegli uffici, chi avrebbe taglieggiato quel “cutter” per pagare tutti gli stipendi. Ora appare più chiaro ai maligni, c’è da dire che pensar male non va bene, però delle volte ci si prende.
Un censore ha detto, speriamo che non facciano come con i carrozzieri. Se aizzeranno i medici, gli uni contro gli altri, per strappare un servizio sempre più a basso costo, su quali abilità professionali potremo contare nel momento del bisogno? Perdonate la digressione dal tema iniziale, cioè dalle riflessioni sulla unicità (come noi) nella diversità, di quel fazzoletto di terra lasciato incolto. In un insolito paesaggio, da mattina a sera si assiste all’inventiva per vivere. Inventiva che hanno assassinato in noi artigiani, sia con l’arrembaggio alle nostre indispensabili risorse economiche, che con l’assalto delle nuove dittature di potere burocratico, chiamate da qualcuno:”casematte del vero potere”.
Trasciniamo giornate, in una stanca e avvilita ripetitività burocratica, senza più slanci né entusiasmi, cioè privi di quella energia che ci consentiva di affrontare, di sperimentare quelle idee, che pur continuano ad attraversare le nostre menti. Quelle che poi l’industria trasformava in posti di lavoro, se non ci riuscivamo noi. Le “Forche Caudine”, che aspettano al varco chi intraprende, impediscono con lacci e laccioli un “nuovo”: che si arrende di fronte a tutto questo.
E non ci rallegra il crollo di tante vanità, fondate sul far soldi coi soldi, ci rode l’impossibilità di dare un contributo, (rivelatosi decisivo nelle crisi precedenti), ad una svolta decisiva da un percorso che ha mostrato una tragica infondatezza economica e una filosofica insipienza.
Redazione
IlCarrozziere.it
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