I tempi reali di riparazione li conosce solo il riparatore. Lo dice anche una sentenza!
Per chi ha dimestichezza con i sinistri stradali ci sono delle certezze senza tempo. Punti fermi che riguardano alcuni degli ostacoli che si frappongono tra il danneggiato e il giusto risarcimento. Uno di questi riguarda il perito e la valenza del parere, di parte, che esprime. Accade spesso che la difficoltà di concordare l’importo dovuto a titolo di risarcimento per il danno subito nasca dal divario tra la quantificazione effettuata dal riparatore e quella consegnata in compagnia dal perito fiduciario. Non si tratta solo di affrontare la spinosa questione dei dictat imposti a questa categoria dalle compagnie assicurative o della vexata quaestio sulla reale terzietà della categoria in questione ma della ragione che è alla base di queste incongruenze: il dato esperienziale, la differenza tra sapere e saper fare.
E’ quanto riportato in una recente sentenza pronunciata dal Giudice di Pace di Biella dott.ssa Lucia Duella.
Partiamo dai fatti.
Il primo dato: un sinistro che si verifica nel settembre del 2013 e che vede il riconoscimento del giusto risarcimento, dopo un contenzioso, nel gennaio 2018.
Una dinamica sinistrosa confermata dalla relazione di incidente stradale redatta dalle Autorità intervenute sul luogo del sinistro i Carabinieri della locale stazione. Il danno riportato ammonta ad Euro 1830,00 oltre alla richiesta di Euro 319,00, per fermo tecnico, motivata dall’esigenza del danneggiato, affetto da disabilità, che gli impediva di usufruire di un veicolo privo di adattamenti per disabili e che lo avevano costretto ad usufruire del servizio taxi per il tempo strettamente necessario alla riparazione dell’auto.
La compagnia designata dall’UCI, la Generali Business Solutions SCPA invia una offerta pari ad Euro 1.317,00 contestando sia alcune voci della fattura emessa dal riparatore sia la stessa richiesta per il fermo tecnico. Il danneggiato trattiene l’offerta ricevuta come acconto sul maggior avere ed è costretto ad instaurare il giudizio per ottenere la differenza. La compagnia, costituitasi contesta sia l’an che il quantum. Già perché pur avendo inviato una offerta risarcitoria, che di fatto dà pieno riconoscimento alla dinamica denunciata, le prova tutte.
La prova del danno.
Il giudice, invece, esamina tutta la documentazione prodotta dal difensore del danneggiato e dà pieno riconoscimento alla pretesa risarcitoria. Agli atti vi sono in primis la relazione dei Carabinieri e poi la dettagliata documentazione fotografica che attesta sia i danni in atto che tutta la fase riparativa passo per passo senza lasciare ombra di dubbio alcuno. A quel punto il passaggio chiarificatore:
“Si ritiene, sul punto che le argomentazioni svolte dalla parte attrice siano del tutto condivisibili: la documentazione delle ore di lavoro effettuate dal perito può solo essere di tipo presuntivo, basandosi sulla esperienza, mentre i tempi “reali” della riparazione possono essere dati solo da chi, concretamente, esegue la riparazione.”
Ecco sta tutta in questo importante passaggio la “realtà” e la “difficoltà” che insorge in molti sinistri.
E alle compagnie, ben consapevoli di questo aspetto, come sempre, conviene che si vada a giudizio, per allungare quantomeno i tempi di liquidazione del risarcimento. Anche perché, quanti se la sentono di affrontare il rischio ed i costi di un giudizio? E loro, nel dubbio, aumentano gli utili.
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