Danneggiati liberi di scegliere, il Tribunale di Torino sanziona la vessatorietà di Auto P&B
La sentenza n.657/2017 emessa dal giudice dott.ssa Paola Ferrero del Tribunale Ordinario di Torino – sezione terza civile, si pronuncia ancora una volta sull’annosa ed attuale questione relativa alla natura vessatoria di alcune clausole contenute nei contratti assicurativi.
I fatti
Il proprietario di un veicolo coperto da una polizza assicurativa, sottoscritta con UnipolSai Assicurazioni S.p.A., subisce danni alla propria vettura in seguito ad una grandinata di fortissima intensità verificatasi il 13.7.2013. L’assicurato si reca presso la propria carrozzeria di fiducia e cede il proprio credito certo della pattuita garanzia “eventi naturali” contenuta nella polizza “Nuova Prima Global Linea veicoli Protezione Rischi”. L’UnipolSai, però, senza nulla contestare in ordine all’an mette in discussione il quantum, soprattutto in ordine al presunto mancato rispetto di una clausola contrattuale che avrebbe imposto all’assicurato di rivolgersi unicamente al centro di autoriparazione indicato dall’impresa tra quelli facenti parte del circuito Auto Presto & Bene. L’UnipolSai procede così all’invio di una offerta nettamente inferiore ai costi di riparazione fatturati dall’ autocarrozzeria Borgaretto s.r.l. di Di Maria. Dunque, la compagnia assicurativa “non negava l’identificazione dell’avente diritto con la Autocarrozzeria Borgaretto S.p.A. quale cessionaria del credito del suo assicurato” ma lamentava che i costi di un centro convenzionato Le avrebbero consentito un notevole risparmio! La autocarrozzeria, ça va sans dire, non ritenendo assolutamente congrua l’offerta, non procedeva all’incasso ed, assistita dall’avv. Angelo Massimo Perrini del foro di Torino, avviava la procedura di mediazione ed il successivo contenzioso volto al riconoscimento del giusto risarcimento. In primo grado, l’autocarrozzeria Borgaretto non vedeva, però, il riconoscimento delle proprie pretese ed era costretta a proporre appello chiedendo ancora una volta la condanna della suddetta compagnia assicurativa al pagamento in suo favore della somma di € 3.108,87.
La clausola incriminata
Cosa dice? Partiamo dai documenti. Carta canta. Analizzando la documentazione allegata agli atti di causa è stato possibile evidenziare, in primis, il contenuto della clausola oggetto di contestazione. Il tenore letterale è questo: “Il contraente assicurato si impegna ad utilizzare il centro di autoriparazione indicato dall’impresa tra quelli facenti parte del circuito Auto Presto & Bene in caso di sinistro che abbia colpito una delle seguenti garanzie, se presenti in polizza: Eventi sociopolitici e Naturali o Rottura Cristalli”. Dunque, come espresso chiaramente nella sentenza in questione :”da nessuna delle disposizioni contrattuali si evince che lo sconto del 1′% sul premio annuo globale lordo della garanzia rca (che non é quella per cui é causa) sia causalmente correlato alla clausola relativa alla garanzia eventi sociopolitici e naturali o rottura di cristalli “a valore a nuovo””. Pertanto le doglianze espresse dall’UnipolSai in merito alla stretta connessione tra sconto applicato e mancato rispetto della clausola risultano palesemente smentite.
L’inefficacia della clausola
Il Giudice, dott.ssa Paola Ferrero, proseguendo nella ricostruzione giuridica dei fatti di causa ha affermato l’insussistenza della validità ed efficacia della clausola in questione, diversamente rispetto a quanto opinato dal giudice di prime cure. Le motivazioni addotte sono le seguenti: ”Vertendosi in tema di contratto pacificamente concluso mediante la sottoscrizione di moduli e formulari, rilevi (in termini di inefficacia della clausola) l’assenza di prova della sua specifica approvazione per iscritto”. In pratica, una clausola di siffatto tenore avrebbe richiesto una apposita approvazione, l’assicuratore avrebbe insomma dovuto dimostrare di averne adeguatamente sottolineato ed illustrato la portata e che l’assicurato l’avesse effettivamente accettata. Così, però, non è stato e tale grave mancanza incide inesorabilmente sulla efficacia di clausole simili. Ciò a maggior ragione se si considera che “la pattuizione, impedendo al contraente di rivolgersi al proprio carrozziere di fiducia, ponga chiare restrizioni alla sua libertà contrattuale nei confronti dei terzi”. L’assicurato, è poi un consumatore ed è in tale veste che, anche in ragione delle motivazioni già espresse in sentenza, risulta “l’inefficacia desumibile dal disposto dell’art. 33 lett. t) del D.lgs. n. 206/2005”.
L’UnipolSai, inoltre, nel corso del contenzioso ha avanzato tra le proprie difese una ricostruzione normativa completamente smontata dal giudice che infatti ritiene: ”non è vero, infatti, che la clausola de qua sia riproduttiva dell’art. 2058 c.c.: tale ultima norma, come desumibile dal suo chiaro tenore letterale (“può”),consente e non impone al danneggiato di richiedere la reintegrazione in forma specifica” ed aggiunge : ”Ad avviso della scrivente, in ogni caso, la clausola in esame non può essere interpretata né quale obbligo di ricorso al risarcimento in forma specifica né quale obbligo (di collaborazione con l’impresa assicuratrice nella fase di liquidazione del danno) sanzionato con il ridimensionamento del diritto all’indennizzo.” Si tratta dell’affermazione di importanti principi in tema di tutela del contraente più debole nei rapporti tra consumatori e compagnie assicurative che, oggi più che mai, non possono essere dati per scontato.
Alcuni riferimenti normativi. Un promemoria utile
La riparazione in forma specifica, non è superfluo ribadirlo, non è obbligo di legge e l’art. 2058 cod. civ., risulta invocato, dalle compagnie assicurative, come fondamento giuridico di un desiderata mai realizzato. Un obiettivo perseguito da tempo che ha un’unica finalità, ovvero quello del risparmio a tutti i costi. I passaggi della sentenza in esame, ne sono testimonianza, ed a questi elementi si aggiungono ulteriori considerazioni. La compagnia da una parte rifiuta di liquidare i costi di riparazione dell’autocarrozzeria non convenzionata ma dall’altra non contesta mai veramente la loro formulazione poiché i costi indicati appaiono congrui in un regime di libero mercato e dunque pienamente legittimi. Inoltre, nel formulare l’offerta inviata, l’importo liquidato risulta maggiore del doppio rispetto alla perizia effettuata dal proprio fiduciario e, dunque, la compagnia pare entrare in contraddizione persino con le valutazioni dei propri fiduciari. L’art. 33 lett. del D.lgs. n. 206/2005, poc’anzi invocato, stabilisce che ”Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.” In particolare la lettera t) sanziona quelle clausole volte a “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”. Si tratta del consolidamento di quanto già disposto dall’art. 1341 codice civile, intitolato appunto “condizioni generali di contratto” ove viene sancito l’obbligo di trasparenza e conoscibilità di tali condizioni, e vengono al contempo definite quelle clausole, riconosciute in dottrina e giurisprudenza come “vessatorie”. Oltre alla imposizione di una parte sull’altra vi è un ulteriore aspetto. Sono particolarmente gravose per il contraente/sottoscrittore in quanto, in deroga alla disciplina legislativa, poiché contengono limiti ed obblighi maggiori, ovvero creano, a vantaggio del predisponente, delle posizioni di favore ingiustificate, creando uno squilibrio sostanziale tra le parti. Sono solo alcuni dei punti evidenziati nella sentenza in esame ma non si può non sottolineare come tali violazioni siano continuamente reiterate.
La sentenza
E’ proprio la frequenza di tali violazioni che rende più che mai opportuno segnalare una sentenza che percorre una direzione necessaria: quella della tutela del consumatore, del contraente debole. Ancora una volta, però, testimoniamo come, detta tutela, venga affidata unicamente alla pronuncia di un Tribunale. E’ solo grazie alla tenacia di chi, a proprio rischio, ha intrapreso l’ennesima battaglia di giustizia che si affermano tali diritti. Dinanzi a criticità di così ampio respiro pare indispensabile interrogarsi sugli ulteriori, ed ormai indefettibili, interventi necessari. Perché la salvaguardia di aspetti di civiltà giuridica così diffusi non debba più affidarsi esclusivamente alle lotte del singolo. In buona sostanza se tali clausole e la loro palese vessatorietà, pur a fronte di innumerevoli sentenze, perseverano nei tentativi di limitare i diritti degli assicurati/contraenti/consumatori occorre un intervento di più ampio respiro che risolva il problema una volta per tutte!